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BREVETTI, BIOTECNOLOGIA & QUESTIONI ETICHE

Quando si parla di biotecnologia si fa riferimento ad un’ampia gamma di tecniche che fanno uso di organismi viventi; in particolare, richiamando la Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro del 5 giugno 1992:

«Biotechnology means any technological application that uses biological systems, living organisms, or derivates thereof, to make or modify products or processes for specific use».

In altri termini le biotecnologie riguardano tutte quelle tecniche che utilizzano o causano mutamenti organici in un materiale biologico, in microrganismi, piante o animali, oppure causano mutamenti in materiali inorganici, usando mezzi biologici. Attualmente l’industria biotecnologica e farmaceutica rappresenta uno scenario caratterizzato da grandi investimenti nel campo della ricerca e della scienza; al fine di tutelare i risultati di tali lavori, l’ordinamento giuridico predispone un sistema di protezione basato sulla privativa brevettuale, che garantisce all’inventore un diritto di esclusiva sul trovato biotecnologico.

Entrando nello specifico, per brevetto biologico si intende quello inerente un’invenzione di tipo biologico, riguardante, ad esempio, una specifica composizione di materia oppure un preciso procedimento per ottenere una sequenza genetica; in altri termini non parliamo di un diritto di proprietà legato ad uno specifico asset tangibile, come può essere una sequenza di DNA, bensì una tutela monopolistica sull’utilizzo di un’invenzione relativa a un prodotto o processo. Ed è pertanto alla luce di tali premesse che uno dei dibattiti più accesi sull’argomento riguarda, appunto, la possibilità di estendere la tutela brevettuale anche ad una sostanza biologica naturale in sé,a prescindere da eventuali specifici procedi mentiassociati.

Uno dei contributi legislativi decisivi, da questo punto di vista, proviene dagli Stati Uniti d’America, con il caso del 1980 Diamond vs Chakrabarty, circa la possibile brevettabilità di un microrganismo non esistente in natura e prodotto tramite l’ingegneria genetica. In particolare, la Corte stabilì che fosse suscettibile di brevettazione «anything under the sun made by man», identificando l’intervento umano come l’elemento chiave per distinguere le invenzioni brevettabili dai non brevettabili «principles of nature and natural phenomena». A partire da quella decisione, negli Stati Uniti furono concessi, negli anni a seguire, molteplici brevetti relativi ad invenzioni basate su materiali o informazioni genetiche. Nel 2001, il Patent and Trademark Office statunitense ha pubblicato le Utility Examination Guidelines, nelle quali viene confermata la posizione per cui le invenzioni basate sui geni sono brevettabili a condizione che si riscontri un intervento umano sufficiente a soddisfare lo standard «made by man» dettato nella decisione Chakrabarty.

Al di fuori degli Stati Uniti d’America, si è registrata una maggiore opposizione alla brevettabilità del materiale genetico. In Europa, questa opposizione ha fatto sì che alcuni Paesi abbiano escluso o circoscritto la brevettabilità dei geni esistenti in natura. Ad ogni modo, nel 1998 l’Unione Europea ha adottato una direttiva sulle invenzioni biotecnologiche (Direttiva n. 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche). Ispirandosi al principio di armonizzazione ex ’art. 100del Trattato UE e presentando un preambolo costituito da 56 “considerando”, suddetta direttiva parte dal presupposto che la biotecnologia sta acquisendo un ruolo sempre maggiore in una vasta gamma di attività industriali e che la protezione delle relative invenzioni possa assumere un’importanza fondamentale per lo sviluppo industriale della Comunità. Sistema di protezione che, ad oggi, risulta tuttavia essere caratterizzato da profonde divergenze legislative tra i vari Stati membri; tali disparità creano ostacoli agli scambi e costituiscono quindi un impedimento al funzionamento del mercato interno, in aperto contrasto con i principi espressi dal Trattato UE. A rafforzare la posizione espressa attraverso suddetta direttiva, fondamentale è anche il richiamo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio e contenuti nel TRIPs, il quale prevede che la tutela brevettuale per prodotti e procedimenti sia garantita in tutti i campi della tecnologia; non da ultimo, si sottolineano alcuni gap normativi in ambito europeo come la mancanza di divieti o esclusioni di principio in ordine alla materia della brevettabilità del materiale biologico nelle norme che regolano il diritto europeo dei brevetti, come la Convenzione di Monaco. Per quanto concerne nel dettaglio l’oggetto ed i limiti della brevettabilità, la direttiva prevede sostanzialmente che:

  1. una sequenza di DNA, un gene, sia brevettabile se viene descritta la sua applicabilità industriale o la sua utilità;
  2. un materiale isolato dall’uomo, come per esempio un gene, può essere oggetto di brevetto, così come una molecola pre-esistente in natura e di cui sia stato scoperto un metodo di isolamento;
  3. nel rispetto dei principi etici, è vietata la brevettazione di procedimenti di clonazione degli esseri umani, di modificazione dell’identità genetica degli animali e dell’uomo, a meno che, negli animali non siano accompagnati da un sostanziale beneficio di tipo medico per l’uomo.

Da quanto appena esposto, possiamo ben comprendere come la biotecnologia, in tutte le sue declinazioni, se da un lato apre le porte a sempre nuovi percorsi di miglioramento della vita umana, dall’altro solleva spinose questioni morali e bioetiche; ed in questo scenario, il sistema brevettuale si pone come anello di congiunzione tra la scienza e il diritto, cercando di mitigare i possibili conflitti tra il diritto della privativa e la salvaguardia dell’interesse pubblico, tra il diritto alla ricerca e l’innovazione ed il diritto alla salute.

Emblematica, da questo punto di vista, è la politica brevettuale dell’India, paese tra i principali produttori di versioni generiche a basso costo di farmaci e che, da tempo, ha adottato una legislazione molto restrittiva sulla brevettabilità di nuovi farmaci. Da molti considerata di portata storica è la sentenza della Corte Suprema Indiana, nel Caso Glivec, la quale, dopo una lunga battaglia legale, ha respinto il ricorso del colosso farmaceutico svizzero Novartis per il riconoscimento del brevetto di una forma modificata del farmaco oncologico Imatinib mesilato, commercializzato per l’appunto  con il nome Glivec; in tal modo si è vietata l’opportunità di “revisionare” un prodotto già esistente da tempo, evitandone la reintroduzione sul mercato come prodotto innovativo e garantendo la permanenza del generico al prezzo di 175 dollari al mese a fronte dei 2600 dollari del Glivec. La Corte ha giustificato la sua decisione affermando che la Novartis ha messo in atto una pratica nota come “evergreening”, consistente, per l’appunto, nel “rinverdire” un prodotto già esistente e ottenere un nuovo brevetto, continuando così a commercializzare il farmaco in regime di monopolio. La sentenza Glivec ha aperto la strada a nuove decisioni in tal senso, come quella sul farmaco Herceptin, strumento efficace nella lotta ad alcune forme aggressive di cancro al seno; anche in questo caso, il governo indiano ha minacciato di consentire la produzione di versioni di Herceptin generiche e meno costose. Oltre alla tutela della crescente industria locale di generici, i contenziosi appena esposti vengono da molti inquadrati all’interno di una più ampia stagione politica volta a rendere i farmaci a prezzi accessibili per le persone più povere del mondo; obiettivo che vuole essere raggiunto soprattutto attraverso l’implementazione di una legislazione molto più severa su quello che deve o meno essere brevettato. Lungo la scia delle iniziative indiane, anche altri paesi, come il Brasile, l’Indonesia e le Filippine hanno recentemente adottato leggi simili. Degna di nota, in tal senso, è la modifica della Legge brasiliana di Proprietà Industriale, volta ad includere l’art. 229-C, il quale stabilisce che la concessione dei brevetti per prodotti e procedimenti farmaceutici dipenderà dall’approvazione dell’ente ANVISA (Agenzia Nazionale per la Tutela della Salute);inoltre l’ufficio brevetti brasiliano, ponendosi in linea con quanto previsto nella “Dichiarazione di Doha” del 2001 in forza della quale gli accordi globali sui brevetti non devono sovrapporsi agli interessi di salute pubblica, ha respinto la richiesta di brevetto presentata dalla Gilead per il farmaco Tenofivir Disoproxil Fumurate (TDF), mirando in tal modo ad aumentare l’accesso ad un farmaco chiave contro l’HIV/AIDS in molti paesi in via di sviluppo.

Si ringrazia lo Studio legale De Tullio&Partners.

Fabiano DE LEONARDIS

Intellectual Property Unit