6 March 2019 Intellectual Property Unit / News_it/en 0 Comment

BREVETTI & SOFTWARE: IL CASO ALICE CORP

La Commissione Europea, nella Comunicazione del 02.07.2014 (COM 2014 –  442 Final) ha definito i Big Data come “una grande quantità di tipi diversi di dati prodotti con un’alta velocità da un grande numero di fonti di diverso tipo. La gestione di tali aggregati di dati richiede oggi nuovi strumenti e metodi, come processori potenti, software e algoritmi”. In questa prospettiva, pertanto, assume rilevanza fondamentale lo sviluppo delle infrastrutture fisiche e non, le quali risultano necessarie per poter efficacemente svolgere suddette attività di analisi. Tale scenario di sviluppo tecnologico, ha aperto numerosi dibattiti sul fronte della proprietà intellettuale, legati soprattutto alla necessità di trovare un equilibrio normativo tra la tutela del vantaggio competitivo degli operatori e la condivisione dei risultati, quale stimolo fondamentale per lo sviluppo del settore. Per quanto riguarda i programmi per elaboratori, la protezione principale è assicurata dal diritto d’autore; la suddetta normativa tutela il software, in quanto considerato un prodotto della programmazione, quest’ultima assimilata di fatto ad un’attività intellettuale. Tuttavia, questa forma di tutela non offre una notevole stabilità, per due principali motivi. Il primo è il rischio del cosiddetto “reverse engeneering”, ovvero la possibilità di risalire da un programma al suo diagramma di flusso ed in questo modo crearne uno del tutto nuovo che però svolge esattamente le stesse funzioni. Davanti a questo tipo di operazione, il copyright risulta essere una tutela fallimentare perché protegge il software al pari di un’opera letteraria, ovvero limitatamente al modo in cui è scritto il relativo “codice sorgente”, cioè l’insieme di istruzioni di un linguaggio di programmazione; pertanto a fronte di una diversità di quest’ultimo, anche se il risultato finale è il medesimo, non si ha alcuna violazione del copyright.

L’altro nodo critico è il requisito di originalità che facilmente può essere negato, ogni qualvolta le istruzioni presenti nel codice siano necessitate dalla funzione. In America, da questo punto di vista, un giudizio esemplificativo di una maggiore rigidità della Corte Suprema, è la sentenza del 21 marzo 1991 nel caso Feist (Feist Publications, Inc., v. Rural Telephone Service Co., 499 U.S. 340 – 1991); in quest’occasione si è innalzato il livello di creatività richiesto per la tutela del software, andando così a determinare un superamento dell’approccio “sweet of the brown” di matrice anglosassone, nel quale una banca di dati veniva protetta primariamente in base allo sforzo economico profuso ed al conseguente valore patrimoniale dell’investimento. Pertanto, a fronte di questi limiti di tutela in materia di software da parte del copyright, in America si è cominciato a guardare con attenzione alla disciplina brevettuale; infatti, a differenza del diritto d’autore, il brevetto su di un’invenzione di software fornisce una tutela più ampia e che spazia dal linguaggio di programmazione alle funzionalità dell’algoritmo e non limitandosi, quindi, alla tutela della sola forma del codice sorgente. Sulla concessione di brevetti in materia di software, nel 2014 è stata emessa dalla Corte Suprema la storica sentenza nel caso Alice (Alice Corporation Pty. Ltd.vs CLS Bank International); in quest’occasione si è stabilito che la condizione di brevettabilità di tale tecnologia è che l’invenzione in esame non si limiti a contemplare una mera idea astratta ma dimostri un passo inventivo ulteriore di tipo applicativo; in buona sostanza viene riconosciuta la possibilità di una tutela brevettuale, purché l’invenzione sia calata nel mondo della tecnica. Ricostruendo brevemente la vicenda, Alice Corp è un’azienda australiana detentrice di quattro brevetti su metodi elettronici per sistemi di negoziazione finanziaria in cui le transazioni tra i due soggetti che devono effettuare pagamenti sono regolate da una terza parte; la funzione di quest’ultima è di limitare il cosiddetto” rischio di regolamento ” (settlement risk), ovvero la possibilità che , nell’ambito di una transazione finanziaria, la controparte non adempia al proprio obbligo di consegna o pagamento. La Alice Corporation è stata citata in giudizio dalla CLS Bank International, quale consorzio di banche che gestisce quotidianamente miliardi di euro tramite transazioni; quest’ultima ha chiesto l’annullamento dei quattro brevetti, fondando la sua motivazione sull’assunto che l’utilizzo di un intermediario per tutelare lo scambio di prestazioni finanziarie al fine di minimizzare il rischio di inadempimenti è un principio largamente applicato da anni nelle pratiche commerciali in tutto il mondo; e, pertanto, l’implementazione di un sistema informatico volto a dare applicazione ad un concetto finanziario di base, non soddisfa i requisiti di brevettabilità. La Corte Suprema è stata quindi chiamata capire se l’uso del computer facesse la differenza o meno; ovvero se si trattasse di una mera idea astratta, concretizzata tramite l’ausilio di un software, oppure se ci si trovasse dinnanzi ad un’invenzione originale capace di determinare un miglioramento nello stato della tecnica, attraverso l’utilizzo del digitale. Con la sentenza del 2014 la Corte Suprema ha sancito la non brevettabilità del software in quanto non è stato riscontrato il concreto valore aggiunto e l’adeguata evoluzione tecnica apportata dalla società richiedente il brevetto. La decisione su caso Alice, ha reso molto più complessa la brevettabilità del software, considerando  no patent-elegible  tutte quelle soluzioni consistenti unicamente in manipolazioni e risoluzioni di problemi astratti o puramente matematici, senza alcuna ricaduta tecnico-pratica. Dall’altra parte, però, non sono state fornite indicazioni chiare e definiti i contorni precisi in merito alla categoria delle “idee astratte”; tale indeterminatezza ha causato non poche difficoltà ai tribunali di grado inferiore, in quanto  sprovvisti degli strumenti legislativi idonei a distinguere ciò che costituisce una mera idea astratta e ciò che rappresenta un concetto inventivo.

Questo tipo di approccio alla brevettabilità dei software è rintracciabile anche nella normativa comunitaria, a partire da una lettura attenta dell’art 52 EPC; in tale passaggio normativo, infatti, il legislatore escludendo la tutela brevettuale dei software in quanto tali (suchsubject-matter or activities as such), riconosce l’importanza, ai fini del conseguimento della privativa , di riscontrare quello sforzo inventivo ulteriore di tipo tecnico. La giurisprudenza dell’EPO ha fornito concretezza ed applicabilità al principio summenzionato in diverse occasioni; a titolo esemplificativo si indicano le decisioni T208/84 (Computer-related invention) del 15.07.1986 e T 1173/97 (Computer program  product / IBM) del 01.07.1998. In entrambe le occasioni l’EPO ha sottolineato l’importanza di rintracciare nel programma creato un sostanziale contributo tecnico rispetto allo stato dell’arte. Al fine di fornire delle linee guida l’EPO ha, inoltre,  pubblicato nel 2009 un documento dal titolo “Patents for software? European law and practice” e nel quale descrive i criteri seguiti per valutare la brevettabilità di un software, in primis il carattere tecnico e l’attitudine a risolvere un problema di natura tecnica; smarcato questo punto, rimangono sempre imprescindibili gli altri requisiti tipici della dimensione inventiva e della novità.

Alla luce di quanto esposto, possiamo ben comprendere la complessità di un settore come quello delle key technologies, caratterizzato da costi elevatissimi per la ricerca ed altrettanto elevate possibilità d’insuccesso; un settore che, nonostante tutto, sembra essere, a tutti gli effetti, la futura frontiera dello sviluppo industriale; le tendenze attuali vedono le imprese concentrare i propri maggiori sforzi di investimento e ricerca nell’ambito comunemente chiamato Industria 4.0 e che abbraccia realtà come la Smart Factory,l’Internet of Things, i Big data, il Maker Movement ed altri. L’Industria 4.0 riguarda quel complesso di tecnologie inerenti la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dalla “digitalizzazione e dall’interconnessione di tutte le unità produttive presenti all’interno di un sistema economico” (Roland Berger,2014); in tale paradigma, pertanto, il progresso non andrà più nella direzione delle macchine, bensì dei software alla base delle stesse; e naturalmente in un tale scenario è difficile immaginare modelli di business senza un adeguato sistema di protezione brevettuale che tuteli i prodotti nel momento in cui verranno messi sul mercato.

Si ringrazia lo Studio legale De Tullio&Partners.

Fabiano DE LEONARDIS

Intellectual Property Unit

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PATENT & SOFTWARE: THE CASE ALICE CORP.

The European Commission, in its Communication of 02.07.2014 (COM 2014 – 442 Final) defines Big Data as “large amounts of different types of data produced with high velocity from a high number of various types of sources. Handling today’s highly variable and real-time datasets requires new tools and methods, such as powerful processors, software and algorithms.“. In this perspective, the development of the physical and virtual infrastructures necessary to effectively carry out the above analysis activities, is of fundamental importance. This scenario of technological development has opened numerous debates on the intellectual property front, linked, above all, to find a balance between the protection of operators’ competitive advantage and the sharing of results, as main stimulus for the development of the sector. As well known, the computer programs are mainly protected by copyright; this one protects, in particular, the software, considered as a product of programming, the latter assimilated to an intellectual activity. However, this form of protection does not offer considerable stability, for two main reasons.

The first is the risk of the so-called “reverse engeneering“, which consists of going back from a program to its flow chart and, by this way, creating an entirely new one, which however performs exactly the same functions. Faced with this type of operation, copyright appears to be an unsuitable protection because it protects the software like a literary opera, warding only the “source code”, namely the set of instructions of the programming language; therefore, in presence of a different source code, even if the final result is the same, there is no copyright infringement. The other critical node is the requirement of originality that can easily be denied whenever the instructions in the code are required by the function. In America, from this point of view, an exemplary judgment of a greater rigidity of the Supreme Court, is the sentence of 21.03.1991 in the case Feist (Feist Publications, Inc., v. Rural Telephone Service Co., 499 US 340 – 1991 ); on this occasion the level of creativity required for software protection has been raised, thus leading to the overcoming of the Anglo-Saxon “sweet of the brown” approach, in which a database was primarily protected based on the effort economic profit and the consequent asset value of the investment. Starting from these copyright protection limits in software, in America people began to look carefully at patent law; in fact, unlike copyright, the patent on a software invention provides a broader protection, ranging from the programming language to the functionality of the algorithm, without limiting only to the source code. To rule the software patents’ granting procedure, in 2014 the Supreme Court issued the sentence in the case Alice (Alice Corporation Pty. Ltd. of CLS Bank International); on this occasion it was established that the patentability condition for this type of technology is that the invention should not be limited to contemplating a mere abstract idea but have to demonstrate a further inventive phase characterized by an applicative profile; in other words the possibility of patent protection is recognized, provided that the invention belongs to the technical world.

Rebuinding the case,  Alice Corp is an Australian Company that holds four patents on electronic methods for financial trading systems in which the transactions between the two making payments parties are regulated by a third one; the aim of the latter is to limit the so called “settlement risk“, as the possibility, in a financial transaction, that the counterparty does not fulfill own delivery or payment obligations. Alice Corporation has been sued by CLS Bank International, a consortium of banks that manages billions of euros daily through transactions; CLS Bank International has requested the annulment of the four patents, basing own motivation on the assumption that the  utilization of an intermediary to protect the financial services exchanging and minimize the risk of non-compliance is a principle widely applied since a lot of years in all over world business; moreover, the implementation of an IT system aimed at applying a basic financial concept does not satisfy the requirements of  patentability. The Supreme Court is so called on to examine if the use of the computer makes the difference or not; in other words,  the question is to understand whether  it is a simple abstract idea, concretized through the aid of a software, or if it is an original invention capable of determining an improvement in the state of the art, through a digital performing. With the sentence of 2014, the Supreme Court ruled that software was not patentable because it was not found  the real added value and the concrete technical evolution offered by the patenting company. The Alice sentence has made the software patentability much more complex, considering no patent-elegible all those solutions consisting only in manipulations and resolutions of abstract or pure mathematical problems, without any technical-practical consequences. Conversely, no clear indications have been provided to define the category of the “abstract ideas“; this indeterminacy has caused a lot of difficulties among the lower courts, lacking appropriate legislative instruments to distinguish what constitutes a mere abstract idea and what represents an inventive concept.

This type of approach to software patentability is also traceable in the UE legislation, starting from the art 52 EPC; in this article, the legislator excludes the patent protection of software as such and recognizes the  importance of highlighting the further technical inventive effort in order to obtain the patent right. The EPO jurisprudence has applied the above mentioned principle on several occasions; an example is the decision T208 / 84 (Computer-related invention) of 15.07.1986 and the decision T1173/97 (Computer program product / IBM) of 01.07.1998. On both cases, the EPO underlines the importance of tracing a substantial technical contribution to the program created with respect to the state of the art. In order to provide guidelines, the EPO also published in 2009 a document entitled “Patents for software? European law and practice ” in which is described the criteria followed to evaluate the patentability of a software, first of all the scientific issues and the capability to solve a technical problem; unmarked this point, the other typical requirements of innovation, novelty are always essential.

In the light of above mentioned, we can well understand the complexity of a sector such as that of key technologies, characterized by very high costs for research and equally high possibility of failure; a sector that, nevertheless , seems to become the future frontier of industrial development; current trends see all companies concentrating own greatest investment and research efforts in the so called Industry 4.0; this paradigm involves a lot of realities such as the Smart Factory, the Internet of Things, Big Data, the Maker Movement and others. Industry 4.0 regards the technologies of the fourth industrial revolution, characterized by the “digitalization and interconnection of all production units present within an economic system” (Roland Berger, 2014); in this perspective, the progress will no longer towards the direction of the machines but of the software at the base of the machines; clearly,  in a such scenerio it is difficult to imagine business models without an adequate patent protection system protecting the inventions before putting on the market.

With thank to De Tullio&Partners.

Fabiano DE LEONARDIS

Intellectual Property Unit

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